Il primo contributo a blog.academy è uno scritto d’occasione, redatto come replica a due articoli usciti su ilmanifesto.it il 5 e il 9 Maggio 2017, firmati rispettivamente da Vezio De Lucia e da Paolo Berdini. Il “diritto” di replica non mi è stato mai concesso dallo stesso quotidiano, nonostante la mia reiterata richiesta. Pertanto, ho pensato di pubblicarlo su blog.academy (assieme ai due articoli sopra menzionati) nella sua versione originale, con pochi interventi sui refusi della bozza, mantenendo il suo carattere giornalistico, più che scientifico, e il dimensionamento tarato sulle battute degli articoli di Berdini e De Lucia.

Gli articoli dei due autori si riferiscono alla demolizione di Via Alessandrina di cui danno notizia nel mese di Maggio 2017. Un tema a me ben noto avendo curato la prima ed unica consultazione progettuale pubblica (dal 1934) avente per oggetto la riqualificazione di Via dei Fori Imperiali, appena conclusa nel Marzo 2017. Inoltre, poiché fin dal gennaio del 2017 mi sono impegnato nella raccolta di adesioni attorno ad un documento contrario alla demolizione della bellissima strada romana da parte della Soprintendenza Capitolina, ho pensato che un mio contributo potesse arricchire il dibattito, aggiungendo un punto di vista, evidentemente considerato inopportuno. Non avendo trovato soddisfazione su quella piattaforma, lo faccio su blog.academy. E’ consultabile nell’articolo successivo intitolato Via Alessandrina, ultimo capitolo del Progetto Fori.

Da notare è che tutte e tre le posizioni considerano un errore la demolizione della strada cinquecentesca, ma diversa è l’interpretazione sul ruolo della stessa nel quadro del cosiddetto Progetto Fori, predisposto dalla Soprintendenza Archeologica nella metà degli anni Ottanta del secolo scorso. E diversa ancora è l’interpretazione sul futuro dell’Area Archeologica Centrale.

La situazione del cantiere di Via Alessandrina è oggi oltremodo preoccupante. Questo per diverse ragioni: la prima riguarda la legittimazione stessa della demolizione di una strada rinascimentale vincolata dal 2001 con provvedimento del Soprintendente regionale Ruggero Martines. Legittimazione proveniente dai pareri di ben tre soprintendenze – sottolineerebbe il Sovrintendente Capitolino Claudio Parisi Presicce – oltre che dalla firma politica dell’ex Sindaco Marino apposta sull’accordo di donazione da parte del Governo dell’Azerbaijan, nonchè dal parere della Commissione Paritetica Mibact-Roma Capitale per l’Area Archeologica Centrale. Infatti il problema non è né amministrativo, né politico, ma di legittimazione culturale e di reale finalità dell’opera, che appare priva di un vero obbiettivo scientifico e sostenuta piuttosto da una visione ideologica dell’archeologia militante.

La seconda ragione è la scarsità delle risorse, un milione di euro donati dall’Azerbaijan, insufficienti a garantire la realizzazione complessiva dello scavo in tempi ragionevoli, lasciando il cantiere aperto per un numero di anni non quantificabile, ma certamente tale da impedire la fruizione della strada (o passerella che sia) per molto tempo.

La terza ragione è che da troppi anni si assiste alla rapsodista strategia di eliminare pezzi di città moderna collocando cantieri distruttivi come quelli inaugurati alla fine degli anni Novanta, che hanno prodotto situazioni grottesche come il taglio di Via Bonella e l’isolamento della Chiesa dei Santi Luca e Martina al Clivo Argentario, oppure la più recente e non meno distruttiva vicenda di Piazza Madonna di Loreto con la demolizione di parte della sistemazione di Raffaele De Vico; oppure il grande scavo del Foro di Traiano che ha portato a tutto tranne che al Foro di Traiano, con l’aggiunta di una sistemazione disastrosa. E ancora il cantiere dell’Area Sacra di Largo Torre Argentina, lasciato in stato di totale abbandono dopo aver distrutto la prima e unica sistemazione museografica su base stratigrafica della storia, realizzata da Antonio Muñoz; per non parlare poi del Viridarium Veneris et Romae, dello stesso autore, demolito senza vere e proprie ragioni sul Tempio di Venere e Roma. Vedremo ora cosa succederà con i cinquecentomila euro donati dalla Danimarca per aprire un nuovo buco in Via dei Fori Imperiali.

Comune denominatore di questi operazioni autoreferenziali è la mancanza di progetto. Di progetto d’insieme, riferito all’intera Area Archeologica Centrale, e progetto di dettaglio, riferito alla sistemazione da realizzarsi a scavo concluso. La politica, ma anche parte della cultura del progetto ha consegnato all’archeologia militante l’agenda dell’Area Centrale. L’Archeologia ringrazia e continua a demolire.

Credo sia opportuno, oltreché il momento, suggerire alle istituzioni preposte – attraverso un’opera di sensibilizzazione promossa dal mondo della cultura e dalla politica stessa – di cominciare a mettere a punto un progetto di riordino dell’Area Archeologica Centrale che preveda una nuova sistemazione architettonica da realizzare subito dopo il termine dei lavori della Metro C, e che comprenda la riqualificazione di Via dei Fori Imperiali e Via Alessandrina con la simmetrica chiusura della stagione degli scavi archeologici.

Sono graditi altri contributi sul tema, oggi attualissimo.